Kant e i nuovi compiti del pensiero

Kant e i nuovi compiti del pensiero

→ pagine 444-451

 

Immanuel (“Dio con noi”) Kant: 1724 Prussia orientale-1804).

 

La funzione rivoluzionaria del pensiero di Kant

Kant segna una vera e propria svolta nel panorama filosofico moderno. Alla sua opera si attribuisce una funzione rivoluzionaria, in quanto esso capovolge i rapporti tra soggetto e oggetto (da qui l'analogia con la teoria copernicana) nell'ambito del processo conoscitivo, assegnando un ruolo fondamentale al primo nell'elaborazione dell’esperienza. La serietà e il rigore della sua analisi si possono cogliere dall'idea secondo cui la filosofia, è un'attività di ricerca che non dà nulla per scontato e che sottopone tutto al vaglio critico della ragione.

 

Una figura particolare

A dispetto di una vita apparentemente monotona e priva di avvenimenti eclatanti, Kant è ancora oggi una personalità che affascina e incuriosisce. Diversamente dalla maggior parte dei filosofi moderni, non viaggiò e non si fece coinvolgere in attività politiche o diplomatiche. Proverbiale è rimasta la sua puntualità: la giornata si svolgeva con una successione regolare di attività, a cominciare dal risveglio. Esso, all’università, insegnava filosofia, matematica e fisica, geografia e mineralogia, meccanica e diritto.

Tale comportamento, è probabilmente dovuto all'educazione ricevuta in famiglia, in quanto la madre era una convinta seguace del “pietismo”, ovvero una corrente che invitava i suoi aderenti a praticare una vita pia, intransigente e rigorosa dal punto di vista morale. Tuttavia nella giovinezza, il filosofo aveva attraversato un periodo più “mondano”, frequentando il teatro e i salotti più prestigiosi della città; e nutrendo in cuor suo un progetto matrimoniale (mai concretizzato).

 

La frase precritica e il risveglio dal sonno dogmatico

Le opere fondamentali di Kant sono: la Critica della ragion pura, la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio. Il suo pensiero viene distinto in una fase matura, denominata “criticismo”, caratterizzato dalla composizione delle tre opere, e una fase precedente gli scritti critici, chiamata “precritica”. In questo primo periodo, Kant si forma sui testi dei razionalisti e degli empiristi, cominciando a nutrire i primi dubbi sulla validità della metafisica, fino a dichiarare di essere stato svegliato dal <<sonno dogmatico>>, grazie alla lettura di Hume. Kant giudica la metafisica non meno illusoria dei sogni di un visionario, in quanto reputa che essa conduce a conclusioni stravaganti e bizzarre.

 

La fase del criticismo

 In questi anni Kant si dedica totalmente allo studio, seguendo uno stile di vita ritirato e schivo, alieno da ogni manifestazione di simpatia e apertura verso gli altri: il grande impegno teorico, assorbe ogni energia del pensatore e lo isola dal resto del mondo. D'altra parte, il filosofo è convinto che qualsiasi cosa che non riguardi direttamente il proprio studio, sia in qualche modo secondaria. Del 1793 è La religione nei limiti della semplice ragione, uno scritto che ironizza sulla politica religiosa del governo prussiano, il quale usa il cristianesimo come arma di <<dispotica autorità>> anziché di <<gentilezza morale>>. Nel 1795 scrive Per la pace perpetua, un'importante saggio in cui sostiene che la politica deve essere guidata dall'etica e argomenta a favore dell'utilità e dell'obbligo morale della pace tra gli Stati. Nel 1797, con l'avvento al trono del nuovo sovrano, Federico Guglielmo III, il filosofo pubblica la Metafisica dei costumi, sistematica esposizione di filosofia del diritto, e ritorna a scrivere contro il dispotismo e a favore della libertà di pensiero.

 

Nella Prussia di Federico II: Kant, un “crocevia” intellettuale

Si può affermare che la filosofia di Kant rappresenta un vero e proprio crocevia di varie esperienze, in una Prussia che nel Settecento si eleva a grande potenza e che conosce un notevole sviluppo culturale anche grazie a Federico II di Hohenzollern. Quest'ultimo è ricordato come una grande personalità dal punto di vista politico e militare, ma anche come un uomo colto e intelligente, un sovrano che incarnava l'ideale “dell'assolutismo illuminato” settecentesco. A conferirgli questa fama furono in particolar modo le riforme in campo giudiziario ed educativo che attuò durante il suo regno. É in questo clima culturale che Kant elabora il suo sistema filosofico, sviluppando e portando a compimento il progetto intellettuale dell'illuminismo. Nel suo pensiero ritroviamo le istanze dell'antidogmatismo, la lotta contro i pregiudizi e l'esaltazione della ragione; motivi mitigati dal pietismo e, insieme, dall'empirismo di Locke e Hume, che conferiscono alla prospettiva kantiana quel carattere critico e rigoroso che le è caratteristico.

Inoltre, il pensiero di Kant può essere considerato un crocevia anche in riferimento al cammino della filosofia successiva, la quale non potrà fare a meno di confrontarsi con i suoi nuovi e rivoluzionari orientamenti. Tutti i filosofi posteriori infatti, muoveranno i loro passi in un panorama segnato dai confini tracciati dalla sua opera. Si tratta di confini che delimitano la conoscenza ma, nello stesso tempo, ne rappresentano una garanzia di validità, indicando un ambito in cui essa può pretendere una validità universale e necessaria.

 

La riflessione sul razionalismo

Il suo interesse principale, si appunta sul problema della metafisica, ossia su quale valore assegnare all'indagine su Dio, l'anima, l'ordine del mondo, temi che da sempre hanno impegnato la mente dei pensatori, in particolare dei filosofi razionalisti. Kant matura la convinzione che la metafisica è stata sì una costante ambizione del pensiero umano, ma nulla di più: infatti, i tentativi dei razionalisti di dimostrare che esiste un Dio intelligente e buono, che l'anima è una sostanza immortale e che il mondo tende a uno scopo, sono a suo avviso, falliti. Su questi tre problemi fondamentali, la metafisica non è riuscita a elaborare altro che ipotesi fantasiose. La metafisica, dunque, aspirazione insopprimibile dell'animo umano, è al tempo stesso fonte di oscurità e contraddizioni. Infatti rischia di cadere nell’errore il pensatore metafisico che intende fare a meno dell’esperienza per attingere l’incondizionato è l’assoluto.

 

La polemica con l’empirismo

L’appello all’esperienza e la critica alla metafisica razionalista non implicano per Kant un’adesione all’empirismo, di cui anzi il filosofo evidenzia i forti limiti. Secondo lui l’empirismo giunge a posizioni scettiche in quanto, limitando il campo della conoscenza all’esperienza, che è sempre particolare e contingente, nega la possibilità di un sapere universale e necessario. Che cosa fare allora? Quale direzione seguire? Si può dire che secondo lui, se è vero che la conoscenza umana non può trascendere l’esperienza, tuttavia è proprio a partire dal riconoscimento di tale limite che è possibile fondare la legittimità e la validità della scienza. In ciò consiste l’essenza del progetto criticista (“discernere, giudicare, chiamare in giudizio”): indagare le capacità e i limiti della ragione umana e acquisire la consapevolezza dell’estensione e dei confini del suo orizzonte conoscitivo, evitando definitivamente il rischio di inseguire inutili quanto pericolosi sogni metafisici. 










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