Locke e l’indagine critica delle facoltà conoscitive

 

Locke e l’indagine critica delle facoltà

 conoscitive

pagine 298-307


John Locke (Wrington 1632-1704 a Oates, nell’Essex). Secondo lui ogni nostra conoscenza deriva dall’esperienza.


Ragione ed esperienza

John Locke è il padre dell'empirismo moderno. La sua opera più impegnativa è “Il saggio sull'intelletto umano”; esso si propone un'indagine critica delle facoltà conoscitive, con l'obiettivo di stabilirne le possibilità e soprattutto i limiti. Nell'ottica di questo progetto, la ragione non viene più ritenuta assoluta e infallibile, ma viene ricondotta entro i confini dell'esperienza: l'unico ambito in cui può essere applicata con successo. L'analisi delle facoltà conoscitive inoltre, consente di maturare prospettive realistiche rispetto alle competenze che l'uomo potrà conseguire, acquistando così la consapevolezza che, se anche non può raggiungere la verità assoluta, è in grado di ottenere un livello di conoscenza sufficiente a guidare nel modo migliore le sue azioni.


La critica dell'innatismo

La teoria dell'innatismo, veniva dimostrata dai suoi fautori, in base alla constatazione della presenza di un certo numero di verità fondamentali in ogni uomo, indipendenti dalle condizioni esterne; ad esempio il principio di non contraddizione che così si definisce: “ è impossibile che una cosa sia e non sia allo stesso tempo”. Locke critica questa tesi sostenendo semplicemente che è falsa: i bambini e gli idioti infatti, non hanno la minima nozione di simili principi, intorno ai quali, pertanto, non sussiste un consenso universale. Tra gli uomini non vi è consenso neppure sulle norme morali ad esempio. Questa disparità di vedute in conclusione, confuta l’innatismo, mostrando la falsità delle argomentazioni che lo sostengono e che ostacolano, secondo Locke, il progredire della conoscenza.


L’origine della conoscenza

Secondo Locke, tutta la conoscenza deriva interamente dall'esperienza. La mente di un neonato infatti, è come un foglio bianco, ossia è una facoltà priva di contenuti. Tutte le idee (ovvero il contenuto di ogni rappresentazione mentale) provengono dall'esperienza. Da qui Locke sostiene che dall'esperienza derivano due tipologie differenti di idee: le idee di sensazione e le idee di riflessione. Le prime provengono dagli oggetti esterni tramite i 5 sensi; idee di sensazione sono ad esempio il caldo, il morbido, il blu, l'amaro. Le idee di riflessione invece, sono quelle che derivano dall'esperienza interna, la quale, oltre alle operazioni proprie della mente, comprende gli stati d'animo e le passioni. Alcuni esempi sono: il dubbio, la percezione, l'amore, l'odio.

Sensazione e riflessione sono le uniche fonti della nostra conoscenza. Si capisce quindi perché i bambini acquisiscono in modo graduale le loro cognizioni, le quali sono tanto più strutturate quanto più vive e varie sono le esperienze che essi fanno. Di qui il ruolo centrale che ha in Locke il tema dell'educazione, a cui egli dedicò uno scritto di grande interesse pedagogico (Pensieri sull'educazione).


La classificazione delle idee

Locke distingue idee semplici e idee complesse. Le idee semplici derivano dalle esperienze elementari della sensazione o della riflessione, e sono tali in quanto non possono essere scomposte in altre idee. Esse comprendono a loro volta le idee di qualità primarie, oggettive (l'estensione, la figura, il movimento...) e le idee di qualità secondarie, soggettive (i colori, i suoni, i sapori…) Queste costituiscono i mattoni della nostra conoscenza, il punto di partenza del processo conoscitivo.

Una volta che la mente ha ricevuto passivamente le idee semplici, può immagazzinarle, riprodurle e combinarle, formando così quelle che Locke definisce idee complesse. Il potere del nostro intelletto, si limita unicamente alle operazioni sui materiali provenienti dai due mondi (interiore ed esteriore), di cui si costituisce la nostra esperienza. Ne consegue che l'intelletto non può creare nuove idee semplici, indipendenti dall'esperienza, ne distruggere quelle che provengono da essa.


Il valore di verità delle idee

L'intelletto non conosce le cose in maniera diretta, ma soltanto tramite le idee. La conoscenza dunque è vera, se c'è conformità tra le idee e la realtà delle cose. Ma come fa la realtà a distinguersi dai sogni e dalle visioni immaginarie?! Secondo Locke, per quanto riguarda le idee semplici, il problema non sussiste, in quanto rispetto a essa, la mente è del tutto passiva, ricevendole dall'esperienza tramite i sensi esterni o il senso interno. Per quanto riguarda le idee complesse invece, l'errore è possibile, perché la mente può comporle in modo erroneo. Tale è il caso delle idee fantastiche.

Analizziamo le varie tipologie che ne propone il filosofo: le idee di modi, le idee di sostanze e le idee di relazioni.


Le idee di modi

Le idee di modi, sono quelle idee complesse che non consideriamo esistenti in sé, ma sono in riferimento a una sostanza quali sue manifestazioni. Un esempio è la gratitudine: essa si riferisce a una determinata manifestazione dell'uomo che riconosce al suo benefattore una modalità di comportamento benevolo nei suoi confronti (è connessa dunque, all'esistenza di una persona da cui si riceve un favore)


Le idee di sostanze

Le idee di sostanze, sono quelle idee complesse che si riferiscono a entità particolari considerate distinte e sussistenti per se stesse. Secondo Locke, si tratta di idee che possono trarre in inganno, in quanto si basano sulla convinzione che le diverse qualità degli oggetti, all'origine delle idee semplici, siano fondate su qualcosa che fa da sostrato e che ne costituisce l'essenza. L'esperienza invece, è qualcosa che si pone al di là delle nostre possibilità conoscitive. Locke inaugura così una nuova prospettiva che considera la sostanza inconoscibile.

Locke, considera innanzitutto le idee di alcune sostanze corporee molto comuni come il cavallo e la pietra. Esse sono il risultato della somma delle idee semplici di sensazione derivanti dalle rispettive qualità di ciascuna delle due realtà percepite. Tuttavia, siccome non comprendiamo come tali qualità possano sussistere autonomamente, senza un supporto che le sostenga e riunifichi, supponiamo che in essa esiste un comune oggetto da cui siano sostenute, definito “sostanza”. Il medesimo ragionamento vale per le sostanze spirituali: noi siamo soliti attribuire le nostre attività interiori a un sostrato, sul quale erroneamente le fondiamo e che chiamiamo “sostanza spirituale”.


Le idee di relazioni

Le idee di relazioni, sono idee complesse che derivano dal confronto e dall'istituzione di un rapporto tra idee semplici dello stesso genere. Sono dello stesso genere l'idea di causa ed effetto, che congiunge ad esempio la nozione di calore all'idea di scioglimento della cera; e quella di identità, che esprime il rapporto esistente ad esempio tra il mio volto e il suo riflesso nello specchio.


Le due certezze dell’uomo

La critica dell'idea di sostanza, ha rivelato i limiti dell'intelletto umano, che non può conoscere che cosa ci sia al di là del fascio di percezioni che riceve dal mondo esterno o dal proprio mondo interiore. Secondo Locke infatti, la nostra conoscenza è circoscritta a tale ambito. Le uniche certezze non sensibili di cui disponiamo, sono quelle del nostro io e di Dio. La certezza del nostro io, ci è data per via intuitiva, ossia senza bisogno di costruire un ragionamento. Conosciamo poi l'esistenza di Dio per via dimostrativa, ossia attraverso una catena di intuizioni che connette diversi concetti tra loro. In particolare, il fatto che dal nulla non possa derivare nulla, permette di inferire dalla presenza stessa delle cose l'esistenza di un loro creatore.


Il tema della probabilità

Per quanto riguarda la realtà esterna, Locke afferma che abbiamo di essa una conoscenza affidabile e sufficiente per orientarci nel mondo, ma non assoluta. La probabilità, rappresenta il vasto campo su cui l'uomo, in assenza della certezza assoluta, può comunque fare affidamento. Certo essa richiede che ogni affermazione, proprio perché priva di un'evidenza originaria, prima di ricevere il nostro assenso, venga esaminata con cura e attenzione, vagliandone la conformità con l'esperienza o con la testimonianza di altri soggetti. In definitiva, la ragione moderata dall'esperienza, resta l'unico strumento di cui disponiamo per orientarci nel mondo; tuttavia dobbiamo tenere presente che tale strumento, non è né perfetto né illimitato. Al contrario, la nostra ragione è spesso tormentata e impotente, a causa dell'oscurità e della confusione delle sue idee, confusione che si accresce quando adoperiamo un linguaggio inadeguato e imperfetto.


Il convenzionalismo linguistico

Il terzo libro del “Saggio sull'intelletto umano”, è dedicato interamente al problema del linguaggio, proprio per la grande importanza che Locke attribuisce al fatto che lo strumento di espressione del pensiero, sia più pulito e trasparente possibile. Le parole secondo lui, stanno al posto delle idee, cioè sono associate per convenzione alle idee allo scopo di rappresentarle e renderle manifeste agli altri (convenzionalismo linguistico). Secondo il filosofo, i fini del linguaggio sono tre: rendere noti agli altri i propri desideri o idee; farlo nel modo più facile e rapido possibile; e comunicare in tal modo la conoscenza delle cose. Ne consegue che il linguaggio, è mal utilizzato, quando fallisce rispetto a uno di questi tre obiettivi. Ciò avviene in primo luogo quando le persone non possiedono nella mente, alcuna idea di cui le parole utilizzate possono essere il segno (non se ne conosce il significato); in secondo luogo quando applicano i nomi di una data lingua con un significato “privato” che intendono solo loro; in terzo luogo quando li applicano in modo equivoco, riferendoli ora a un'idea ora a un'altra. In conclusione, se riusciremo a far chiarezza nel nostro linguaggio, saremo anche più precisi nei nostri ragionamenti e in ogni caso, renderemo più sicure la nostra conoscenza della realtà e la comunicazione tra gli uomini.











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