La teoria dell’assolutismo politico

 

La teoria dell’assolutismo politico

pagine 230-235


Lo stato di natura

Secondo Hobbes gli individui non possiedono un naturale istinto socievole e di conseguenza la loro esistenza è caratterizzata dal cosiddetto “stato di natura”, ovvero la condizione originaria antecedente la formazione della società, in cui regna la <<guerra di tutti contro tutti>>. In essa infatti, ogni persona mira a procurarsi ciò che serve alla propria sopravvivenza e autoconservazione, perseguendo il proprio bene a scapito di quello altrui. In tale contesto non esiste limitazione al diritto dell'individuo in quanto ciascuno può possedere, usare e godere di tutte le cose che vuole e che sono a portata di mano. È dunque inevitabile la sopraffazione reciproca.


L’esperienza dell’ostilità e del conflitto

Secondo Hobbes, il panorama dell'esistenza umana, corrispondente a quello appena descritto, è confermato dall'esperienza di tutti i giorni. Nell'esperienza quotidiana, per quanto le guerre combattute con le armi non costituiscano la norma, la vita degli uomini è costellata di misure atte a difendersi da possibili attacchi o ad offendere gli altri al momento opportuno.

Tale condizione non costituisce tanto una realtà effettiva e pienamente realizzata nella storia (il che avrebbe portato all’estinzione del genere mano), quanto un'ipotesi teorica razionale su ciò che potrebbe verosimilmente accadere nella società umana, se non ci fosse una forma di potere superiore a regolamentare i rapporti tra gli individui.


L’uscita dallo stato di natura e l’origine della società civile

Secondo Hobbes pertanto, se gli uomini vogliono sopravvivere, devono far prevalere la ragione naturale, intesa come capacità di prefigurare le conseguenze degli eventi in atto e provvedere alla necessità della vita. Nasce il bisogno di dare origine alla società civile, ovvero un compromesso tra gli individui che rinunciano al diritto naturale che presiede alla soddisfazione dei propri desideri.

A tal fine Hobbes suggerisce tre leggi naturali che riguardano: la ricerca della pace, il fatto di avere tante libertà rispetto agli altri quanta è concessa agli altri rispetto a noi e infine un compromesso o patto che vincola i contraenti. Da queste tre massime fondamentali, derivano tutte le altre leggi come per esempio quella dell'uguaglianza.


Il patto di unione e il patto di sottomissione

Secondo le leggi naturali, è opportuno che gli uomini sacrifichino i propri diritti naturali e costituiscano una società politica e civile, stabilendo così un <<patto di unione>> che consiste nel dirigere a uno stesso fine e al bene comune tutte le azioni. Tuttavia ciò non è sufficiente poiché la convergenza di molte volontà verso un solo scopo non basta per garantire una situazione sicura e stabile. Infatti tra gli uomini, il bene individuale, consistente nel primeggiare sugli altri, contrasta con il benessere comune. Di conseguenza segue che oltre al patto di unione, agli uomini sia richiesta qualche altra cosa per rendere il loro accordo costante e duraturo. Si arriva così al <<patto di sottomissione>>, grazie a cui gli uomini conferiscono tutto il proprio diritto e la propria forza a un singolo o ad un'assemblea, in grado di ridurre i diversi voleri a una sola volontà.


Il Leviatano

Il potere attribuito all'autorità, che ha il compito di emanare e di far rispettare le leggi, per Hobbes deve essere assoluto. Allo stato assoluto il filosofo da il nome di “Leviatano”, un mostro marino, una creatura terribile e mostruosa, la più temibile esistente sulla faccia della Terra. Tale denominazione, si giustifica perché il potere del sovrano è immenso. Colui che rappresenta questa autorità è denominato sovrano in quanto individuo superiore a tutti gli altri cittadini, detti sudditi. Hobbes spiega che si può raggiungere un tale ruolo sovrano in due modi: il primo prevede l'impiego della forza imponendo agli altri la propria autorità; e il secondo invece un accordo tra le persone che si assoggettano volontariamente a un’autorità, al fine di garantire la propria sopravvivenza. Quest'ultima modalità configura uno stato politico o istituzionale, mentre la prima uno stato per autorità patriarcale.


La monarchia come migliore forma di governo

La preferenza del filosofo riguardo alla forma di governo è per la monarchia, per motivi di carattere pratico che egli sostiene con validi argomenti. In primo luogo non c'è motivo di credere che il re agisca per il proprio interesse privato a scapito di quello pubblico, nessun re infatti può trovare giovamento dalla povertà o dall'insicurezza dei sudditi. In secondo luogo il re può prendere le sue decisioni in totale segretezza, mentre nei gruppi più numerosi le fughe di notizie sono inevitabili. Il motivo decisivo però sta nel fatto che il monarca è unico e non può dissentire da se stesso spinto da invidia o interesse.














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