Hobbes e lo Stato assoluto

 

Hobbes e lo Stato assoluto (pagine 218-221)


Thomas Hobbes (Inghilterra 1588-1679). La sua filosofia affonda le proprie radici in una riflessione lucida e disincantata della natura umana. Esso elabora una particolare concezione antropologica materialistica e arriva alla decisa affermazione dell’assolutismo in ambito politico.


Una prospettiva teorica radicale

-figura ancora oggi significativa per la radicalità delle posizioni teoriche

-vissuto in uno dei periodi più sanguinosi della storia inglese, è assertore convito dell'assolutismo regio (re, per diritto divino=potere assoluto), visto come l’unico baluardo contro l’inevitabile disordine a cui la società andrebbe incontro senza un governo monarchico che assommi in sé tutte le prerogative del dominio

→→ dottrina politica che lo rende importante per la tradizione occidentale


Una vita nel segno della paura

-compie in prima persona l’esperienza dell’individualismo e dell’aggressività di cui è capace l’animo umano e li descrive nelle sue opere; dichiarando di essere <<gemello della paura>>

-durante la sua lunghissima esistenza, Hobbes assiste ai fatti drammatici che colpiscono il suo paese: scontro tra il Parlamento e il sovrano (rivoluzione inglese, 1628-1660), culminato in una vera e propria guerra civile nel corso della quale re Carlo I viene decapitato

-1640, si rifugia in Francia, in quanto ha paura che le sue idee filo-monarchiche possano suscitare dure reazioni da parte dei sostenitori del Parlamento; 1651 ritorna a Londra, non si sente sicuro neanche all’estero: i suoi nemici ne vogliono la morte


L’obbiettivo filosofico e politico

-il suo progetto politico, nasce anche da una visione pessimistica dell’essere umano, giudicato egoista, avido e violento, secondo il motto del poeta latino Plauto: homo homini lupus (ogni uomo è un lupo per l’altro uomo)

questa concezione porta Hobbes a descrivere l’uomo come un essere alla mercé del proprio interesse personale, sentimento che in assenza di una forma superiore di controllo, gli impedisce di riconoscere limiti naturali al suo agire, se non la forza e la prepotenza dell'altro

-lettura dei diari degli esploratori provenienti dall’America: descrivono dimensione selvaggia e primitiva, doveva apparire a Hobbes come la conferma di una condizione originaria conflittuale della vita sociale

il filosofo mira di conseguenza ad elaborare una dottrina politica sulla cui base organizzare una comunità civile ordinata e pacifica. Assunto di partenza: sono proprio i sentimenti meschini che governano l’animo umano (timore degli altri, debolezza e egoismo) a giustificare il trasferimento al sovrano di ogni potere individuale, in modo tale da avere garantite in cambio la pace e la tranquillità

-Hobbes tende a dimostrare come l’assolutismo politico sia una necessità logica e razionale, quindi l’esito di un ragionamento condotto secondo un metodo rigoroso









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